Un volo partito in ritardo, un bagaglio smarrito, una valigia spuntata fuori dal nastro trasportatore dell’aeroporto solo dopo ore di attesa: sono eventi tutt’altro che rari, occorsi, prima o poi, a chiunque abbia viaggiato in aereo.
In questi casi, ai sensi del Regolamento CE n° 889/2002, è possibile chiedere un risarcimento alla Compagnia aerea, fino ad un massimo di circa 1.200 € per il ritardo nella consegna del bagaglio, e/o la distruzione o smarrimento dello stesso, e, ai sensi del Regolamento CE n° 261/2004 – che ha sostanziosamente ritoccato in basso l’entità dei risarcimenti spettanti – una somma da 250 a 600 € (a seconda della lunghezza del volo), in caso di ritardo nel volo, o di cancellazione dello stesso.
(Gli importi, nel caso dello smarrimento e/o consegna in ritardo del bagaglio, sono approssimativi, perchè il massimale è espresso dal Regolamento Europeo in D.S.P., Diritti Speciali di Prelievo, anzichè in Euro; I D.S.P. sono una valuta “fittizia”, non avente corso legale, il cui valore è collegato a quello di Euro, Dollaro americano, Sterlina inglese e Yen, è una sorta di “media ponderata” tra le quattro valute avente corso legale menzionate, e, pertanto, oscilla di continuo. Il massimale previsto dal Regolamento, per la precisione, è di 1000 D.S.P., ed al 20/12/2015, 1 D.S.P. valeva 1,083 €).
Almeno apparentemente, però, tale possibilità di tutela nasconde un’insidia.
Lo stesso Regolamento n° 889/2002, infatti, nel disciplinare la materia della responsabilità del vettore nei confronti del passeggero per le fattispecie indicate, rinvia alla Convenzione di Montrèal, del 1999, che all’art. 33 prevede che :
“1. L’azione per il risarcimento del danno è promossa, a scelta dell’attore, nel territorio di uno degli Stati parti, o davanti al tribunale del domicilio del vettore o della sede principale della sua attività o del luogo in cui esso possiede un’impresa che ha provveduto a stipulare il contratto, o davanti al tribunale del luogo di destinazione“.
Questa disposizione è stata da subito invocata dalle Compagnie aeree, all’indomani dell’entrata in vigore del Regolamento comunitario, al fine di sostenere :
- la sussistenza di una competenza funzionale in capo al Tribunale, anche nei casi di valore della controversia inferiore a 5.000 € (vale a dire, tutti i casi in cui sia automaticamente coinvolto un solo passeggero, considerati i massimali stabiliti dal Regolamento CE);
- la competenza per territorio del Giudice della sede legale della Compagnia Aerea, (o dell’impresa dalla stessa “posseduta”), o del luogo di destinazione.
Quest’interpretazione letterale della Convenzione poneva molti problemi al passeggero, soprattutto per il secondo aspetto.
Dato per scontato, infatti, che nella maggior parte dei casi i biglietti aerei vengono acquistati online, o, al più, tramite agenzie di viaggio, ma non presso imprese possedute dalla Compagnia, specializzate in vendita di biglietti, – pressochè inesistenti nella realtà -, sarebbero rimasti solo due fori competenti a disposizione di chi avesse voluto intentare causa alla Compagnia : il foro della sede legale del vettore (vale a dire, all’estero, per le compagnie straniere, Roma per Alitalia), o il Foro del luogo di destinazione del volo, che, anche in questo caso, rischiava di essere collocato all’estero.
Tali conclusioni avrebbero reso certamente difficoltoso l’esercizio delle azioni nei confronti delle Compagnie; si pensi – escludendo l’ipotesi difficilmente praticabile di una causa all’estero – ad un soggetto al quale venga smarrito il bagaglio all’aeroporto di Ciampino, residente nelle Marche o in Abruzzo : è difficile pensare che il passeggero sfortunato abbia le motivazioni per portare avanti una causa “in trasferta”, presso il Foro di Roma (con inevitabile aggravio di spese legali), soprattutto se il valore della controversia rischia – per effetto dei “massimali” previsti dalla normativa europea -, di risultare non esorbitante.
Fortunatamente, però, la Giusprudenza, da qualche anno, si è attestata su posizioni che scongiurano l’interpretazione propugnata dalle Compagnie aeree (e, a dire il vero, ancora accolta da qualche isolato Giudice di merito) : la stessa Corte di Cassazione, infatti, ha affermato che “l’art. 33 della Convenzione di Montreal del 1999 […], non a caso intitolato “competenza giurisdizionale”), richiama i fori alternativi suddetti solo come criteri di collegamento giurisdizionale e non come criteri di competenza per territorio (tantomeno come criterio di competenza per materia, come dovrebbe opinarsi, per l’uso dell’espressione “tribunal”, se la norma fosse riferita alla competenza), atteso che questa rimane soggetta al regime interno dello Stato. Il che trova riscontro nel criterio logico, atteso che la ratio della disposizione è quella di risolvere conflitti di giurisdizione tra le parti contraenti”. (Cass. SS.UU., sentenza 16 settembre – 17 ottobre 2014, n. 22035).
L’art. 33 della Convenzione, dunque, ad opinione della Suprema Corte, è una norma sulla giurisdizione, e non sulla competenza, con la conseguenza che, in tutti i casi in cui il volo aveva destinazione in Italia, e/o il vettore era italiano, sussisterà la giurisdizione italiana, e, in tale ambito, troveranno spazio gli ordinari criteri di competenza posti dal codice di procedura civile, per valore e per materia (con la possibile competenza, pertanto, anche del Giudice di Pace), e, soprattutto, per territorio, con l’applicazione del c.d. Foro del consumatore; tali conclusioni, peraltro, sono condivise dalla quasi totalità dei Giudici di merito (ex multis, Giudice di Pace di Livorno, sentenza 07/03/2012, Giudice di Pace di Salerno, 06/06/2015, Giudice di Pace di Foligno 23/06/2015).
Ad oggi, in definitiva, il passeggero danneggiato, in caso di mancata risposta al reclamo, o di risposta insoddisfacente, potrà iniziare una causa nei confronti della Compagnia aerea, con la consapevolezza di poter “giocare in casa”, e di poter incardinare la causa presso il Tribunale od il Giudice di Pace competenti territorialmente per il proprio Comune di residenza, senza timore di incorrere in pronunce d’incompetenza da parte del Giudice adito.