La CMS è nulla per indeterminatezza se nel contratto è indicata solo la misura percentuale della commissione.
La giurisprudenza è ormai univoca sul tema; una delle ultime pronunce in materia è la sentenza del Tribunale di Spoleto n° 601 del 20/10/2020.
All’esito della causa, patrocinata dallo Studio Legale Savini, che vedeva opposto un correntista alla sua ex-Banca di riferimento, infatti, il Giudice del Tribunale spoletino ha affermato che
“la giurisprudenza di merito che qui si condivide, ha chiarito che è nulla per indeterminatezza dell’oggetto la clausola che preveda la commissione di massimo scoperto indicandone semplicemente la misura percentuale, senza specificare se per massimo scoperto debba intendersi il debito massimo raggiunto anche in un solo giorno o quello che si prolunga per un certo periodo di tempo o, ancora, se il relativo importo vada calcolato sul complesso dei prelievi effettuati dal correntista.
In tal caso, il correntista non è, invero, in grado di conoscere a prioriquando sorgerà l’obbligo di dover corrispondere la suddetta commissione (cfr. Tribunale di Milano, sez VI, del 20.07.2016).
E’ invero illegittima l’applicazione, da parte della banca, della commissione di massimo scoperto in virtù di una clausola nulla per indeterminatezza dell’oggetto ai sensi del combinato disposto degli artt. 1418 e 1346 c.c.“.
Nel caso in esame, il contratto di conto corrente prodotto dall’attore, risalente al 1994, non conteneva alcuna clausola previdente l’addebito della CMS da parte della Banca.
La Banca, tuttavia, nel corso della causa, aveva prodotto in giudizio una serie di documenti, sottoscritti dal correntista, con i quali erano state modificate le condizioni contrattuali, ed, in particolare, veniva accettata dal correntista, l’applicazione della commissione di massimo scoperto.
In tali documenti, però, la CMS era indicata unicamente mediante una determinata percentuale, senza alcun riferimento al valore sul quale dovesse essere calcolata tale percentuale.
Il Giudice, di conseguenza, ha ritenuto che tale indicazione fosse insufficiente a rispettare i criteri di determinatezza dell’oggetto contrattuale previsti sotto pena di nullità dall’art. 1346 c.c., e, di conseguenza, ha ritenuto corretti i conteggi del C.T.U., il quale, nel rideterminare il saldo finale del conto corrente, aveva espunto tutti gli addebiti effettuati a titolo di CMS.
All’esito della causa, il Giudice ha accertato che il saldo del conto corrente, anzichè essere a debito per l’attore, fosse in realtà a credito in favore di quest’ultimo, e, conseguentemente, ha condannato la Banca ha rifondere al correntista le somma illegittimamente addebitate.
All’esito della causa, patrocinata dallo Studio Legale Savini, infatti, il Giudice